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MES PETITES AMOUREUSES Film con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggio
  Stampa questa scheda Data della recensione: 23 giugno 1977
 
di Jean Eustache, con Martin Loeb, Ingrid Caven, Jacqueline Dufranne (Francia, 1974)
Questo film è seguito con una attenzione particolare perché è il secondo dell'autore di

LA MAMAM ET LA PUTAIN di quel Jean Eustache che i francesi, trepidamente in attesa di una

rivelazione che rinverdisca gli allori dei Godard e dei Truffaut, hanno osannato al suo apparire col tradizionale finalmente ci siamo. Dico questo perché, altrimenti, MES PETITES AMOUREUSES non so fino a che punto riuscirebbe ad attirare attenzione su di sé. A mezza strada fra la tradizione dei film sull'adolescenza cari a Truffaut (intimismo, leggerezza di tocco, attenzione alla battuta comica, sentimento più o meno ammesso) e quelli che appartengono ormai a Gérard Blain (rifiuto dell'emozione, ricerca nella costruzione, estrema semplicità che sfiora l'aridità nel linguaggio, rinvio famiglia-società) il film di Eustache arrischia di risultare semplicemente anonimo.

Una di quelle opere, cioè, delle quali si dice che sono fresche, simpatiche, intelligenti, ma che poi escono dalla memoria in un attimo. Ora, è chiaro, che le ambizioni di Eustache andavano ben oltre il ritrattino sensibile delle emozioni adolescenziali. Il confronto con il cinema di Blain (ed in modo particolare con UN ENFANT DANS LA FOULE, al quale si apparenta anche soltanto per il tema trattato, per il tipo di protagonista e per il desiderio di denuncia sociale) è inevitabile. Come Blain, Eustache cerca di scrivere il suo film il più semplicemente possibile: fa recitare, se cosi si può ancor dire, i suoi attori con voce monocorde, priva di emozione; compone delle brevi sequenze, separate una dall'altra da una dissolvenza come ai vecchi tempi, per arrivare ad un ritratto mosaico. Muove la cinepresa, ed il ritmo della visione in genere, con estrema parsimonia.. Elimina quasi del tutto i suoni e dirada i dialoghi. Dipinge una solitudine, una presa di coscienza di un bambino pieno di illusioni, povero ed intelligente, che ritrova nella società che gli si para innanzi gli stessi motivi di esclusione e di avvilimento di quelli avuti nei rapporti con la famiglia.

Eustache è, come il suo giovane attore, intelligente: la sua autobiografia la nasconde dietro alle pieghe della passione per il cinema. MES PETITES AMOUREUSES è l'opera di uno che il cinema lo ha avvicinato per passione, di quelle coltivate nei cine-club: e questo suo amore arrischia di tradirlo. Prima con dei semplici manifesti di film d'epoca, poi con il classico “film nel film” (l'affascinante PANDORA con Ava Gardner) egli cerca di annullare il fattore autobiografico e quello temporale (gli accenni al cinema d'epoca sono infatti i soli elementi che datano il film, il resto potrebbe essere contemporaneo). Con questo ponte Eustache cerca di dirci, in breve, che i tempi cambiano, ma se uno nasce povero, povero rimane. Solo, con la sua intelligenza e con qualche illusione in meno.

Quello che manca ad Eustache, mi pare, è il rigore. Ed è quello che possiede invece, a scapito forse di qualche concessione, Blain. Ora, se si vuol fare del cinema “alla Bresson”, del cinema cioè attento alla formulazione della scrittura più che alla ripetizione, alla trascrizione emotiva dell'aneddoto, il rigore è essenziale. Il minimo errore d'inquadratura, la minima approssimazione nella direzione di un attore, nel collocamento di un oggetto nel quadro dell'immagine è fatale. Perché il rifiuto della realtà, il rifiuto in una dimensione perfetta e quindi irreale, non perdonano la caduta di tono. Pena il crollo dell'intera costruzione, nel limbo incerto dei tentativi velleitari.

UN ENAFANT DANS LA FOULE arrischia forse di apparire statico o privo di immaginazione: ma è costruito immagine su immagine, con volontà di autocontrollo impeccabile. Ed alla fine riesce a condurre in un mondo compiuto ed esemplare.

MES PETITES AMOUREUSES che in apparenza è più fertile di piccole annotazioni, forse più leggibile e divertente, si muove in troppo, incerte direzioni. Ed alla fine rimane solo il ricordo di qualche bollicina d'idea. Eustache, giudicato da questo film è un autore sensibile: ma è ancora lungi dall'essere quel padrone della lingua cinematografica che i suoi amici vorrebbero trovare.

Il cinema francese, insomma, continua a cercarsi.


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